Sul Gran Cratere di Vulcano: vento, zolfo e meraviglia

L’arrivo sull’isola e il panino che sa di Eolie

Appena sbarcato dall’aliscafo, l’aria di Vulcano mi è entrata nei polmoni con quella sua intensità sulfurea che non ti lascia indifferente. Prima di tutto, un salto all’alimentari: pane fresco, pomodorini e formaggio fatto proprio sull’isola. Uno di quei panini semplici che sanno di terra, sole e fatica buona.

L’ascesa comincia: semaforo verde

Zaino in spalla, ho preso la strada asfaltata che conduce all’inizio del sentiero. Quel giorno il semaforo era verde, via libera per salire sul Gran Cratere. Già da lì, l’emozione era forte. I primi passi mi ricordavano Stromboli: il terreno polveroso, il silenzio interrotto solo dal fruscio del vento e il respiro che iniziava a farsi più corto.

Tra tornanti, rocce lunari e fumarole

Tornante dopo tornante, la vista si apriva sempre di più. Il mare, l’orizzonte, le altre isole che spuntavano come sorelle silenziose… sembrava un sogno che si allargava sotto i piedi.

Poi, improvvisamente, lo scenario cambiava. Il sentiero si faceva più selvaggio, spezzato dai solchi scavati dall’acqua piovana. E sopra, un paesaggio quasi lunare: rocce rosse, gialle, venature nere. Un mondo minerale, crudo, dove ferro e zolfo disegnano colori che non trovi altrove.

Una piccola arrampicata tra formazioni rocciose grosse come balene addormentate, e poi… le fumarole. Il respiro del vulcano. Quelle nuvole calde che salgono dalla terra ti ricordano che sotto i piedi c’è fuoco vivo.

Lassù, con il vento in faccia

Mi sono seduto lì, sul bordo, con il panino ormai un po’ stropicciato nello zaino e il vento che soffiava deciso. Forte. Ti spostava quasi. Ti metteva alla prova. Lo zolfo pizzicava il naso, ma era come se la montagna ti stesse parlando. E io l’ascoltavo. Senza fretta.

Davanti a me il cratere si apriva immenso, silenzioso e vivo. Dentro non c’era solo cenere: c’era la storia dell’isola, le sue paure e la sua bellezza spietata. Mi sembrava quasi di sentire il battito del cuore della terra.

Con quel vento in faccia e la polvere che si infilava dappertutto, mangiare quel panino è diventato un rito. Un gesto semplice, ma potente. Mi bastava guardarmi intorno per sentirmi sazio. Quello che avevo davanti agli occhi era più che sufficiente.

Ritorno alla realtà, con un arrivederci nel cuore

La discesa è stata lenta, quasi un ritorno alla realtà. Mi sono voltato più volte, come si fa quando lasci un posto a cui ormai ti sei affezionato. Ogni passo era un arrivederci, non un addio.

Vulcano mi ha ricordato quanto siamo fragili e forti allo stesso tempo. Quanto siamo piccoli, ma capaci di meraviglia.

Tornerò. Perché ci sono luoghi che ti aspettano, anche quando non lo sai e alla via così…

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